L’adolescenza
L’interpretazione dei ragazzi di III media
della scuola Gesù-Maria
Anno scolastico 2014-2015
Indice
Prefazione
di Federico Moccia
Capitolo I
Adolescenza: età problematica
e complessa caratterizzata dai grandi cambiamenti fisici, psicologici e
relazionale
1. III
A : Federica Barmann, Arianna Cotroneo, Virginia de Bernardinis, e Laura
Giannuzzi
2. III
B : Federico Brancato, Jacopo De Benedetti e Federico Mignardi
3. III
C : Allegra De Angelis e Lavinia Sanetti
Capitolo II
Il rapporto/scontro con
i genitori
1. III
A : Sara Angrisani, Anna Orlandi e Ferdinando Zito
2. III
B : Sofia Becelli, Lorenzo Caterinozzi e Niccolò Impallomeni
3. III
C : Andrea Casaciana e Victor Vecchi
Capitolo III
L’amicizia: un legame
importante ma pieno di insidie
1. III
A : Nicolò Cocco, Benedetta Musone, Nia Topalova
2. III
B : Costanza Muratori, Carlotta Riccardi e Sofia Sciunnacche
3. III
C : Emma Cohen e Angelica Nuzzo
Capitolo IV
Gli adolescenti e
l’utilizzo di internet e social: una vita virtuale parallela
1. III A : Ludovica Ciliberti, Chiara
Cucinelli e Mario Ferri
2. III B : Andrea Emilia Alibrandi, Greta
Fedeli e Chiara Scorretti
3. III C : Niccolò Agugiaro e
Massimiliano Standoli
Capitolo V
Il Cyberbullismo: un
fenomeno sempre più dilagante tra i giovani
1. III
A : Vittoria Capuani, Margherita Manuelli e Edoardo Marra
2. III
B : Michele Buscarini e Giuseppe Picca
3. III
C : Michela Bozza e Lavinia Rojas
Capitolo VI
L’alcol e la droga visti
con gli occhi di un adolescente
1. III
A : Boyan Dimitrov, Giorgia Maisani, Lorenzo Piccardi, Tommaso Quaglia e Luca
Venceslai
2. III
B : Roberto Brecciaroli e Emanuele Russo
3. III
C : Nicolò Frasca e Alessio Horvath
Conclusioni
di Cristiana Ubaldi
Prefazione
È come andare in
bicicletta.
Sei in equilibrio precario, devi pedalare
per non cadere di lato, devi prendere velocità per restare dritto e
procedere. E lentamente ci riesci. Ma all'inizio è difficile. Anzi, sembra
impossibile. La prima volta che ci sali sopra, qualcuno ha montato due
rotelline dietro, per darti sicurezza. La bici è stabile, non corri rischi. E
magari tuo padre o tua madre sono lì a guardarti pedalare, col tuo caschetto di
plastica colorata e mille raccomandazioni. "Fai attenzione, non andare di
là, non svoltare troppo in fretta". E quel bagaglio
di regole ti dà un pò fastidio, sì, ma significa anche protezione. Sai cosa devi fare e come farlo. E se
proprio dovesse succedere qualcosa, loro, gli adulti, ti verranno incontro e ti
solleveranno da terra, mettendo un cerotto sui graffi. Poi arriva quel giorno.
Tutto cambia. E ti dicono "Oggi proviamo senza le rotelline. Dai.
All'inizio ti terrò io da dietro, poi ti lascerò andare..." A te sembra
pazzesco. E dici "No". Com'è possibile riuscire a far girare i pedali
e allo stesso tempo stare in equilibrio? Come si fa? Finché le mani ti tengono,
tutto funziona. Procedi in avanti, senti il vento in faccia. È proprio come con
le rotelline. E ti senti forte. Poi di colpo ti lasciano. C'è quell'attimo di
sospensione, la bici procede grazie alla spinta, ma tu non stai ancora
pedalando, i piedi sono fermi. Mille domande nella tua testa. E cadi. E poi
risali. E ricadi. E tuo padre o
tua madre ti dicono "Coraggio, prova ancora". E alla fine, piano
piano, ce la
fai. Stai andando. E sorridi. Per me
l'adolescenza è questo. È come andare in bicicletta. L'ho
pensato quando l'ho vissuta in prima persona e quando l'ho osservata negli
altri, una volta cresciuto. Jim Morrison diceva "Amo gli adolescenti,
perché tutto quello che fanno lo fanno per la prima volta". La prima
volta senza rotelline. Come la bicicletta, l'adolescenza è sovversiva
e rivoluzionaria, è la ricerca di un equilibrio che cambia di
continuo, è la possibilità di usare marciapiedi
come corsie preferenziali. E ci sono attimi in cui tutto funziona, la strada è bella
e ti piace, senti il respiro, superi le auto ferme in fila e arrivi prima, le
gambe si piegano ritmicamente, il fiato tiene. Ma di colpo, quando tutto pareva
perfetto e quasi quasi stavi togliendo le mani dal manubrio, ecco una buca, la
ruota sbanda e rischi di cadere. E spesso cadi. Ginocchia sbucciate, qualche
livido, oppure la ripresa miracolosa l'istante prima di finire a terra. Il
rischio. L'imprevedibile. E nel mezzo ci sei tu, che cresci e ti metti alla
prova, che sbagli e a volte vinci, che ce la fai e ti sembra fantastico. L'adolescenza
è l'età dell'incertezza in cui si cerca quell'equilibrio,
necessario per raggiungere la conoscenza di sé e del mondo. È il grande
"Boh!" come scriveva Jovanotti, è superare le prove, quelle buche
sulla strada, a volte finendoci dentro, altre riuscendo a scansarle. Ci si
sente pieni di possibilità, ma anche insicuri, tutto cambia in un attimo e
spesso non ci riteniamo all'altezza. Non siamo mai abbastanza intelligenti,
simpatici, interessanti, belli, considerati, compresi. E si fa una fatica
immensa per iniziare a somigliare un poi a noi stessi. Chi siamo? Perché
nessuno ce lo spiega mai all'inizio? Semplice. Perché nessuno, noi compresi, lo
sa. È una scoperta, una serie di tentativi, un aggiustarsi di continuo con tutto
e tutti. Libri, film, esperienze altrui ci danno degli accenni, ci fanno
intuire qualcosa, ma la risposta finale arriverà solo poi, in base a
quanto saremo disposti a metterci in gioco, a sperimentare. I ragazzi di
III media della scuola Gesù-Maria lo hanno fatto in questo libricino. Hanno
tolto le rotelline alla bici e hanno iniziato a esporsi, cercando di esprimersi
su molti argomenti che li riguardano direttamente: cambiamenti fisici,
incontro/scontro coi genitori, complicità coi compagni, tensioni,
amicizia, rapporto col web, bullismo, il rischio dell'assunzione di sostanze
stupefacenti. E no, tredici/quattordici anni non è troppo poco per
cominciare a farlo, per cercare di restare in equilibrio, pedalando senza che
nessuno più ci tenga. Gli argomenti trattati non sono semplici e immediati
e questo è il valore del progetto: il fatto di guardare in faccia
anche ciò che spaventa o incute dubbi e timori.
Di questo opuscolo,
infatti, posso dire ciò che Gilbert Keith Chesterton affermava delle favole,
che non dicono ai bambini che i draghi esistono. Perché questo i bambini lo
sanno già. Le favole dicono ai bambini che i draghi possono
essere sconfitti. E questo libro dice ai ragazzi che, anche se difficile,
imparare ad andare in bicicletta è possibile. Così come crescere e diventare
pienamente se stessi. I giovani, da sempre, a prescindere dalle epoche,
hanno semplicemente voglia di comunicare e confrontarsi, che si usi una
lettera, un piccione viaggiatore, un'e-mail o una chat. Non siamo nati per
essere soli, per chiuderci a riccio, per rifiutare gli altri. E questo vale
anche quando si affronta quello che si vive, così come i ragazzi fanno nel
libro che state per leggere.
È un libro in cui vince
l'amore. Amore per la vita e la voglia di esserci. L'amore è sorriso. Anche
quando si piange. E il sorriso è un valore: non significa solo incurvare le
labbra verso l'alto, ma averlo dentro. Un sorriso che nasce dalla pancia e sale
fino alla faccia per poi volare via verso gli altri. Un sorriso che contagia.
Nato dalla capacità di vivere serenamente la vita, senza invidie. Essere
gelosi degli altri, additarli, fare le vittime non serve a nulla, è solo un
grande spreco di energie. E i ragazzi lo sanno bene. Siamo noi spesso a
dimenticarcelo. E a contagiare loro in negativo. Bisogna essere sempre curiosi,
non smettendo mai di imparare. Ogni esperienza, bella o brutta che sia, è una
lezione. I giovani sono intensi, pieni di emozioni, domande, risposte da
cercare, dubbi e volontà. Sono un universo magnifico in evoluzione. Io non
faccio altro che osservarli con rispetto, pronto a farmi stupire ogni volta di
più.
Pedalando.
di Federico Moccia
Capitolo I
Adolescenza: età problematica
e complessa caratterizzata dai grandi cambiamenti fisici, psicologici e
relazionali
III A
di Federica Barmann, Arianna Cotroneo, Virginia de
Bernardinis, e Laura Giannuzzi
Amore,
Dolore,
Obblighi,
Libertà,
Emozioni,
Sogni,
Confusione,
Errori,
Negazione,
Trasgressione,
Espressione.
Queste, sono solo alcune delle
espressioni in cui noi adolescenti ci rispecchiamo.
Non siamo forse noi
quel famoso Dante costretto ad attraversare la Selva Oscura nel mezzo del
cammino della sua vita per poter poi finalmente giungere al piè d'un
colle? Provate a pensarci. Noi adolescenti, come Dante, stiamo attraversando
una fase, che vi possiamo assicurare non facile, proprio come la Selva Oscura,
per poi finalmente costruirci e vivere il nostro futuro, il famoso colle. Il
brutto dell'adolescenza è che ti senti l'unico, il solo. Vorresti
emergere rispetto agli altri ma, quasi senza accorgertene, ti ritrovi a seguire
la massa per poter esser accettato dalla società. Il corpo cambia, la
mente cambia, le idee cambiano. Come un mare in tempesta, tutto è in
confusione, in tumulto. Non sei solo tu a confonderti le idee ma sono anche gli
altri, società inclusa! È la società stessa che spesso e volentieri, propone modelli di
perfezione praticamente irraggiungibili e che si basano su valori e principi
non definibili tali quali magrezza, bellezza esteriore e via dicendo. E questo,
vi possiamo assicurare, non è affatto piacevole.
Per superare però tutti
questi problemi, noi ragazzi abbiamo bisogno di avere un punto di riferimento
da seguire e al quale ispirarci. Questo perché in noi adolescenti
l'insicurezza è all'ordine del giorno. Dobbiamo ancora imparare a
conoscerci, credere in noi stessi e nelle nostre potenzialità, a capire cosa è giusto e cosa è sbagliato.
Insomma di idee chiare ne abbiamo poche, ma è proprio a questo che
serve l'adolescenza. A trovare la strada da seguire, la nostra strada...
"Che stagione
l'adolescenza! Senti di poter esser tutto e ancora non sei nulla. È proprio
questa la ragione della tua onnipotenza mentale. Non hai confini
l'immaginazione può spaziare ovunque" (Eugenio Scalfari).
III B
di Federico Brancato, Jacopo De Benedetti e Federico
Mignardi
L’adolescenza, collocabile tra i dodici e i diciotto
anni, si interpone tra l’infanzia e l’età adulta.
È caratterizzata da una serie di cambiamenti fisici e psicologici che introducono alla maturità.
Lo sviluppo fisico, durante la pubertà, rappresenta spesso il primo segnale di una trasformazione esterna, che sta avvenendo anche e soprattutto dentro. L’adolescente si sente per molti aspetti pronto ad affrontare in modo più autonomo il mondo. Vuole maggiori spazi decisionali, maggiore privacy e minore controllo. Questi passi sono inevitabili nello sviluppo psicologico dell’adolescente, che solo attraverso l’accettazione di sé e la conoscenza dell’altro sesso, riuscirà progressivamente a sviluppare la rispettiva identità maschile e femminile. In quest’età, si tende a rifiutare le costrizioni dettate dalle regole familiari, si cerca maggiore autonomia rispetto alle decisioni prese dagli adulti. Questo è il periodo caratterizzato dalla ribellione adolescenziale.
È caratterizzata da una serie di cambiamenti fisici e psicologici che introducono alla maturità.
Lo sviluppo fisico, durante la pubertà, rappresenta spesso il primo segnale di una trasformazione esterna, che sta avvenendo anche e soprattutto dentro. L’adolescente si sente per molti aspetti pronto ad affrontare in modo più autonomo il mondo. Vuole maggiori spazi decisionali, maggiore privacy e minore controllo. Questi passi sono inevitabili nello sviluppo psicologico dell’adolescente, che solo attraverso l’accettazione di sé e la conoscenza dell’altro sesso, riuscirà progressivamente a sviluppare la rispettiva identità maschile e femminile. In quest’età, si tende a rifiutare le costrizioni dettate dalle regole familiari, si cerca maggiore autonomia rispetto alle decisioni prese dagli adulti. Questo è il periodo caratterizzato dalla ribellione adolescenziale.
Sul piano della
crescita fisica, l’adolescente sperimenta la trasformazione del corpo,
che assume gradualmente caratteristiche adulte. Compaiono i caratteri sessuali
secondari (ossia gli elementi distintivi del sesso maschile o femminile, come
crescita della barba o del seno, muscolatura accentuata e sviluppo ormonale, in
entrambi i casi). A volte si reagisce ai cambiamenti, cercando di nascondere la
propria crescita fisica, poiché si vuole prolungare così la propria infanzia,
mentre altre volte si mostra di voler assumere precocemente comportamenti e
stili, ritenuti “adulti”.
In questo periodo della vita diventa
fondamentale la figura dell’amico, che non è più il compagno di
gioco, ma un confidente. Tale figura acquisisce grande importanza; ci si sente
più vicini quando si è con lui, lo si vede spesso come una
figura da imitare. Infatti, nei momenti di difficoltà, l’adolescente si isola dalla famiglia, che ritiene
incapace di aiutarlo.
Secondo noi, l’adolescente di oggi è spesso visto come una persona priva di ideali. Ciò è dovuto forse al fatto che l’adolescente pensa di avere tutto ciò che occorre, ma di fronte ai problemi, si dà per vinto in partenza e talvolta non impara a lottare per ottenere ciò che vuole.
Secondo noi, l’adolescente di oggi è spesso visto come una persona priva di ideali. Ciò è dovuto forse al fatto che l’adolescente pensa di avere tutto ciò che occorre, ma di fronte ai problemi, si dà per vinto in partenza e talvolta non impara a lottare per ottenere ciò che vuole.
L’adolescenza, oltre alla crescita corporea, è contrassegnata
dalla definizione dell’identità
L’adolescente abbandona lentamente il concetto di sé,
costruito sulla base dell’insegnamento familiare e lo sostituisce con quello che
deriva dall’ascolto dei suoi coetanei, per i quali è di
fondamentale importanza mettere in mostra intelligenza e bellezza fisica. L’adolescente può arrivare a sentirsi svalutato e poco stimato e
ciò comporta inevitabilmente ansia, frustrazione; all’opposto si possono avere atteggiamenti aggressivi e
smodati, nel tentativo di primeggiare in ambiti in cui si è considerati
poco abili. Questo processo dura anche per anni e si costruisce attraverso le
esperienze e la crescita personale. L’adolescenza comporta
anche il perfezionamento delle capacità di astrazione, l’osservazione delle varie situazioni e l’acquisizione di responsabilità, come per gli adulti. Il raggiungimento della capacità di riflessione permette all’adolescente di prendere in considerazione idee
differenti dalle proprie. La qualità delle relazioni muta:
non si hanno più solo relazioni amicali, ma anche con le persone dell’altro sesso, venendo meno il carattere egocentrico
dell’epoca infantile ed essendo proiettati nell’età adulta.
III C
di Allegra De Angelis e Lavinia Sanetti
L’adolescenza è il
passaggio dell’individuo dallo stato infantile a quello di adulto.
Quando si parla di adolescenza, è molto importante ricordarsi che
essa è un tema di carattere prettamente psicologico e darle limiti
fissi è un'impresa molto ardua. Bisogna considerare che:
• lo sviluppo psicologico-emozionale
non procede sempre di pari passo con lo sviluppo fisico;
• in Europa e in Nord America si
assiste a un ritardo nell’ingresso degli adolescenti nella società, mentre in altre zone del mondo pare verificarsi il
problema opposto, ossia lo sfruttamento minorile;
• l’inizio dell’adolescenza è differente in base al sesso;
• per alcuni individui, certi
comportamenti tipici dell'adolescenza, permangono tali oltre la prima
giovinezza.
La figura dell'adolescente, come persona che vive in
una prolungata fase problematica, spesso non è considerata importante dalla
maggior parte delle società tradizionali (es. in Africa o in Asia). In tali
ambienti, il passaggio all’età adulta viene gestito da appositi riti, che
rappresentano in chiave simbolica, l'allontanamento dallo stato precedente e l’introduzione nel gruppo degli adulti. Anche nelle
società occidentali, fino all'Ottocento, si era considerati
bambini fino a quando non ci si poteva dedicare alle attività della propria classe sociale. Le rappresentazioni
artistiche e letterarie di ragazzi/e dell’età compresa tra i dieci e i dodici anni, mostrano come
essi fossero vestiti da "piccoli adulti", imitando gli abiti dei
genitori (come nel secolo XVII).
La depressione negli adolescenti
L'aumento dei casi di depressione, negli
ultimi anni del nostro secolo, non ha risparmiato gli adolescenti. Questa
problematica li porta a cadere in un vero e proprio abisso in cui ci si sente
inutili, impotenti, talvolta tormentati da sensi di colpa, vergogna o
disperazione. Questo disturbo di carattere psicologico, può arrivare a
ostacolare seriamente il futuro dei giovani che ne soffrono, con forti disagi e
preoccupazioni anche per la famiglia. Molto spesso si trascurano i loro
problemi: i ragazzi si comportano quindi in modo ritenuto dagli adulti,
impertinente, maleducato e insolente. Gli insuccessi scolastici, la dipendenza
dalla droga o dall’alcol possono essere dettati da fattori legati a
disadattamento ambientale. Femmine e maschi e non esprimono allo stesso modo la
loro depressione: le prime attraverso l'errata percezione del proprio corpo,
somatizzando i disagi nell’anoressia e nella bulimia; i secondi invece mostrano
le loro ansie con aggressività, mascherandole. Le origini di tali comportamenti si
trovano all’interno della famiglia, in cui, a volte, le
interazioni tra genitori e figli sono problematiche. Non bisogna però trascurare
la pressione socio-culturale che nel rapporto con i pari e con gli educatori,
gioca un ruolo fondamentale. L’esclusione dai gruppi dei pari o al contrario
gli atteggiamenti ribelli, possono provocare azioni autolesionistiche o
suicide. In altri casi semplicemente la crisi d’identità e l’incapacità di vivere con naturalezza il passaggio dall’infanzia all’età adulta, sembrano essere le costanti. Ci sono ragazzi
che, di fronte a problemi di accettazione e convivenza con gli adulti, si
chiudono in se stessi e si allontanano dalla famiglia, incapace di offrire un
aiuto adeguato. La maggior parte delle volte tra giovani si cerca un confronto,
ma non sempre si ha un riscontro positivo.
In conclusione l’adolescenza è un
periodo complesso, che alterna momenti felici e momenti difficili, che comunque
forma l’individuo.
Capitolo II
Il rapporto-scontro con
i genitori
III A
di Sara Angrisani, Anna Orlandi e Ferdinando Zito
L'adolescenza è un’età complicata, caratterizzata da un susseguirsi di
cambiamenti che coinvolgono l'aspetto fisico, psicologico e relazionale dei
ragazzi. In questa fase della crescita il giovane affronta un percorso di forti
trasformazioni, sollecitato da un bisogno di indipendenza che ha come prima
conseguenza lo scontro con i genitori. Da una parte i ragazzi si considerano
ogni giorno più maturi e autonomi, ed esprimono all’esterno una richiesta ripetuta e incalzante di
indipendenza, dall’altra i genitori continuano a vederli piccoli e
incapaci di gestirsi da soli. Da qui lo scontro inevitabile.
Grazie alle diverse interviste che abbiamo
fatto ai genitori, abbiamo però capito che il rapporto genitori-figli,
rispetto al passato, è cambiato e continua a cambiare.
La figura del genitore è
stato il primo aspetto a modificarsi nell'evoluzione del rapporto
genitori-figli. Oggi, infatti, i genitori vengono affrontati dai ragazzi con
meno formalità: essi li sentono più vicini. Questo perché si è
verificato un cambiamento fondamentale nel rapporto: l’apertura al dialogo. Nel passato limitato e poco
aperto,
oggi il dialogo viene vissuto in maniera
disinvolta. Il genitore è diventato un facile e disponibile
interlocutore con cui condividere ansie, gioie, successi, insuccessi, progetti
e sogni. Raccontare alla mamma o al papà le esperienze
quotidiane, ci aiuta a ridimensionare le preoccupazioni o i troppo facili
entusiasmi.
In realtà, però, non si può generalizzare
perché ogni persona è fatta in modo diverso, sia figlio che
genitore e in ogni famiglia si creano equilibri diversi. Grazie sempre a
interviste fatte a genitori e figli si è constatato, per esempio, che
laddove i genitori sono troppo presenti e invadenti nella vita del figlio, il
ragazzo non acquisisce sicurezza e viene spesso troppo condizionato dai limiti
imposti dal genitore. Così c'è chi reagisce ribellandosi, mostrandosi
contestatore ma d’altra parte anche chi si chiude a riccio e mostra notevoli
difficoltà a socializzare. Se al contrario, i genitori sono poco
presenti o disinteressati alla vita del figlio, i ragazzi manifestano
atteggiamenti di superficialità che sfociano anche in comportamenti negativi come il bullismo,
il vandalismo, scarso rispetto verso gli altri e verso le cose.
Appare dunque evidente, che il rapporto si è evoluto
per così dire in bene in questi ultimi cento anni, ma è pur vero
che non mancano i motivi di attrito e di scontro con i genitori che restano
dunque, anche nella nostra generazione, una costante della fase adolescenziale.
Per migliorare ancor più questo
rapporto, sarebbe necessario un contributo sia da parte dei genitori sia da
parte dei giovani: i genitori dovrebbero compiere un ulteriore sforzo di
comprensione cercando di ricordare che cosa significhi essere adolescenti,
mentre i giovani dovrebbero comprendere e apprezzare tutto l’impegno dei genitori per essere dei buoni esempi per i
figli e un sostegno che li aiuti a superare questa età difficile ma ricca di promesse.
III B
di Sofia Becelli, Lorenzo Caterinozzi e Niccolò Impallomeni
L’adolescenza è un periodo che viene
considerato difficile, per lo sviluppo e per i cambiamenti che un ragazzo deve
affrontare all’interno del sistema familiare e nella società: gli equilibri tra genitori e figli, sino ad allora
presenti, possono mutare.
Molto importanti sono
anche le amicizie, che diventano il principale punto di riferimento, mentre i
genitori vengono messi in discussione; i genitori vivono questo periodo come
una perdita,
poiché percepiscono un cambiamento
importante nei loro figli. Mettere in discussione le regole, per l’adolescente, ha la funzione di stabilire il limite
oltre cui è possibile o meno andare.
Nonostante i continui
tentativi di ribellione, l’adolescente ha ancora bisogno che i genitori
continuino a svolgere la
funzione di contenimento e possano nello stesso tempo
adattarsi ai suoi nuovi
bisogni. È possibile anche che il comportamento dei genitori cambi;
a volte diventano meno
protettivi, a volte troppo.
Durante l’adolescenza è molto importante il dialogo;
mantenere un atteggiamento accogliente e pronto all’ascolto, aiuta a prevenire eventuali disagi e a
ridimensionare problemi che sembrano insormontabili. Laddove questo dialogo
fosse difficile, è opportuno chiedere aiuto, se si manifestano i
segni di un possibile disagio; è un periodo di cambiamento e per
questo motivo anche il malessere è momentaneo. Sapere di poter
chiedere aiuto e ottenerlo dalla famiglia o dagli amici, aiuterà l’adolescente a dare un senso a ciò che gli accade
e a prevenire l’insorgere di un disagio maggiore.
Con la crescita del
ragazzo, il rapporto genitori-figli acquisisce delle caratteristiche sempre più paritarie.
I genitori devono diventare flessibili e capaci di cambiare le modalità comunicative fino ad allora utilizzate.
Da recenti studi
psicologici, è emerso che i maschi e le femmine hanno un modo
differente di relazionarsi con i genitori: le femmine mostrano maggiore intimità con la madre, mentre il rapporto con il padre appare
più difficile; i maschi sono meno propensi a confidare i loro problemi.
Una delle conseguenze degli scontri con i genitori è il tentativo dei
figli di allontanarsi da loro.
I conflitti assumono
caratteristiche patologiche se sono prolungati nel tempo. La maggior parte
degli scontri tra genitori e figli, riguardano la disponibilità, l’uso del denaro,
l’orario del rientro serale, le attività del tempo libero, il modo di vestirsi…
È una sorpresa
amara, per i genitori, scoprire che i figli, giunti ai 13-14 anni, si
trasformano rapidamente assumendo una personalità più complessa. A
questa fase di maturazione dell’individuo corrispondono due tipi di risposta dei genitori:
il primo è il tentativo “disperato” di continuare ad essere
una guida nei confronti dei figli; il secondo è quello inverso,
ovvero, il distacco tra genitori e figli.
Molti ragazzi sostengono
che gli adulti pensino troppo a se stessi, comunichino poco e non capiscano le
loro necessità. In questo caso il dialogo avviene, ma riguarda
spesso argomenti che non interessano agli adolescenti, come ad esempio le spese
della casa, i soldi, il lavoro.
III C
di Andrea Caisachana Vargas e Victor Vecchi
L’adolescenza è un periodo difficile, per lo
sviluppo dei ragazzi, perché affrontano molti cambiamenti sia fisici che
psicologici. Durante queste trasformazioni, l’adolescente
può sentirsi “sperduto”,
perché non è più bambino ma
neanche adulto. Egli si trova a dover comprendere i propri sentimenti e anche a
riflettere sul modo di agire per diventare autonomo e indipendente; in questa
fase di crescita, infatti, sente sempre più il desiderio di relazionarsi
con il mondo esterno e non più soltanto con il suo nucleo familiare.
Il giovane cerca proprio
l’indipendenza dai genitori, che fino ad ora, erano le
uniche persone con le quali interagiva. Ora, invece, si lega molto agli amici,
che cominciano a rivestire un ruolo molto importante nella sua vita. L’adolescente inizia anche a provare nuovi sentimenti e
nuove idee, che spesso sono contrastanti con quelle dei propri genitori:
nascono così i primi litigi. Successivamente inizia a subentrare dentro di
lui, una sorta di ribellione alle regole con le quali fino a quel momento aveva
convissuto tranquillamente. Anche il dialogo con i propri familiari inizia a
farsi sempre più difficile,
perché non si pensa più tanto alla
famiglia ma si vuole uscire, si vuole stare con gli amici.
In questa fase di
transizione, anche il ruolo dei genitori non è semplice. Essi devono
accettare la crescita del loro figlio/a, continuare a proteggerli con regole e
fermezza, ma nello stesso tempo concedere fiducia e i primi spazi di libertà. I genitori devono anche capire che stile educativo
usare in quella nuova fase della crescita: non essere troppo autoritari ma
neanche troppo permissivi, proprio per aiutare a superare quei continui
conflitti psicologici.
Questo periodo comporta disagi e malesseri
che spesso non si riesce a comprendere e a gestire, scaricando la tensione
verso le persone care, oppure chiudendosi in un mondo fantastico che, però,
quasi sempre è parallelo a quello reale.
Per tutti questi stati
d'animo, l'adolescenza è sicuramente un momento assai difficile da vivere. L’adolescente deve riuscire ad affrontare tutta una serie
di problemi e responsabilità, che lo porteranno a quella maturazione detta “età adulta”.
Capitolo III
L’amicizia: un legame
importante ma pieno di insidie
III A
di Nicolò Cocco, Benedetta Musone, Nia Topalova
"Amicizia" è una
parola che deriva dal termine latino "amicitia" e
indica il rapporto che c'è tra due o più persone. Per noi è una
virtù,
perché è la capacità di fare del bene a un'altra persona.
Il "grande
tesoro", cioè un amico, è la persona con la quale si sa di potersi confrontare, mentre molti
pensano che un amico debba essere una specie di duplicato di noi stessi.
Ma a nostro parere non
può essere così. Chiedendo in giro cosa pensano gli adolescenti e se hanno
amici, su dieci, sette ci hanno risposto - anche se con dispiacere - di non
avere nemmeno un amico.
La domanda che ci siamo
fatti è:
perché? Pensandoci, crediamo che una grande
responsabilità ce l'abbia la società, così competitiva
che non lascia tempo per nient'altro che non sia la Playstation, il computer o
al massimo per la famiglia, che è per questo motivo sempre meno
unita.
Se pensiamo che
l'amicizia sia un bene prezioso che va coltivato giorno per giorno, allora cosa
ci rimane da fare?
Noi adolescenti abbiamo
una vita diversa da quella che hanno avuto i nostri genitori, anche lo studio è ormai
indirizzato verso il mondo virtuale: certo è più comodo, ma è molto
impersonale, più rapido, sì, ma privo di quelle sfumature che si possono trovare nei libri e che un
oggetto tecnologico non può avere.
Insomma, noi crediamo
che abbiamo molti conoscenti, ma in realtà siamo soli, perché spesso
non siamo più disposti a dare, cioè un amico è una persona a cui bisogna dare una mano non per obbligo, ma per
affetto, nei momenti di difficoltà.
Vogliamo avere sempre
una spalla su cui piangere, ma non siamo disposti a prestare la nostra.
Nella fase
dell'adolescenza noi ragazzi abbandoniamo i pensieri e i comportamenti
dell'infanzia. In questo periodo, fatto di trasformazioni psicologiche e
fisiche, bisogna avere amici veri, a cui confidare tutto quello che non si ha
il coraggio di raccontare a nessuno: una persona speciale.
Se non la si trova,
spesso ci si unisce al "branco", quel gruppo di ragazzi in cui
nessuno è se stesso, perché ognuno deve essere uguale agli
altri, condividendo atteggiamenti e modi di vestire, di essere.
Noi invece non abbiamo
paura di essere noi stessi e non vogliamo far parte di una cerchia di persone
tutte uguali e anche se impopolari ci sentiamo ricchi, perché siamo sicuri
di poter dare amicizia, quella vera, alle persone che come noi cercano un
confronto per imparare l'uno dall'altro le diversità senza omologarsi in una società che ci vuole per forza tutti uguali!
Un pensiero che ci fa
commuovere è verso le persone anziane, quelle che più di noi
hanno avuto amicizie vere, perché non hanno dovuto combattere con una
società così vuota, ma con una ricca di valori!
Pensiamo ai nostri
nonni, che giorno per giorno perdono i loro amici, per motivi diversi e spesso
tristi, e sentendoli parlare li ammiriamo, perché la loro amicizia deve essere
stata profonda e vera; speriamo tanto che un giorno anche noi possiamo parlare
dei nostri amici così come fanno loro, con semplicità, rispetto e con gli occhi umidi di chi ha voluto
veramente bene ad un Amico!
III B
di Costanza Muratori, Carlotta Riccardi e Sofia
Sciunnacche
Durante l’adolescenza nei ragazzi
si manifesta un fortissimo attaccamento a coetanei e amici, che si
contrappongono al mondo degli adulti, guardato con diffidenza e ostilità.
Il gruppo di amici, nato
spesso tra i banchi di scuola, rappresenta il luogo del confronto. Le relazioni
sono forti e sono una sorta di emancipazione dall'ambito familiare.
Il gruppo si espande,
diventa ampio e non più elitario, come invece avveniva durante l'infanzia,
in cui ad emergere era solo ed esclusivamente l'amico del cuore. Conoscere nuove
persone ed instaurare rapporti amichevoli diventa molto semplice e i momenti di
libertà diventano monopolio assoluto degli amici, con i quali
si condividono esperienze importanti a livello emotivo. Molto spesso accade che
molti adolescenti compiano gesti irresponsabili e sconsiderati per compiacere
gli amici.
La migliore amica
Nella pre-adolescenza e
durante l’adolescenza, l’amicizia tra coetanee
gioca un ruolo fondamentale per capire chi si è e influenza
profondamente lo sviluppo psicologico e sociale. In questa fase, infatti, tutto
ruota intorno a tali relazioni e all’essere accettate.
Sono gli anni della migliore amica: con lei la
relazione è molto intensa, quasi esclusiva. Alla migliore amica si
chiede lealtà, aiuto, comprensione. Da lei si vuole essere
rassicurate; si cerca conferma rispetto a nuovi comportamenti o nuove
esperienze; soprattutto, con lei si parla, certe di essere capite.
Se per i ragazzi l’amicizia vuol dire fare
qualcosa insieme, per le ragazze l’amicizia è stare
insieme anche senza uno scopo preciso e parlare, in un perenne racconto di come
si è e si vorrebbe essere, di come appaiono gli altri, in un viaggio
che permetta di mettere a fuoco le esperienze, le emozioni, le idee relative al proprio essere che cambia
oltreché parlare delle reazioni dei ragazzi e del desiderio misto alla
paura di muoversi sempre più lontano dai genitori.
Questa amicizia è arricchita dalla
condivisione dei segreti. Condividere un segreto significa scoprire di non
essere le sole ad avere dubbi o timori, e questo rassicura e consola. La
violazione di un segreto, il riferirlo ad altri, non può che essere visto
come un tradimento imperdonabile.
Nella migliore amica ci si rispecchia: in lei ci si
rivede e su di lei ci si modella. La migliore amica appare uguale a sé eppure
diversa, da imitare per acquisire quelle abilità che mancano e che vengono ammirate, abilità legate soprattutto alla propria visibilità sociale.
Il gruppo
Forti relazioni con ragazzi della stessa età aiutano l'adolescente a emanciparsi dalla famiglia. Si
formano dei gruppi con dei valori comuni. L'adolescente soddisfa il bisogno di
sicurezza e di identità con un modello che può essere diverso, anche solo
in parte, da quello proposto dai genitori. In genere c'è una forte
distinzione e consapevolezza tra chi è dentro e chi è fuori
dal gruppo.
Talvolta i genitori interpretano l'adesione del figlio al gruppo come un conformismo assoluto ai valori dominanti della moda. In realtà gli adolescenti mantengono sempre un certo senso critico, anche se non manifesto. Generalmente le ragazze vivono nel gruppo in modo differente dai maschi; mentre questi ultimi lo vedono come un sostegno, le femmine lo vedono più come un mezzo per allacciare relazioni personali importanti.
Talvolta i genitori interpretano l'adesione del figlio al gruppo come un conformismo assoluto ai valori dominanti della moda. In realtà gli adolescenti mantengono sempre un certo senso critico, anche se non manifesto. Generalmente le ragazze vivono nel gruppo in modo differente dai maschi; mentre questi ultimi lo vedono come un sostegno, le femmine lo vedono più come un mezzo per allacciare relazioni personali importanti.
Insomma, l’adolescenza appare come
un periodo complesso e delicato al quale è necessario dare la giusta
importanza, attraverso l’ascolto da parte della famiglia e dei coetanei. Tutto ciò, per
poter affrontarne positivamente il passaggio.
III C
di Emma Cohen e Angelica Nuzzo
Come per tutti gli adolescenti, avere un amico è molto
importante. Il ruolo di un amico è diverso da quello dei genitori.
Con un amico puoi discutere da pari a pari e programmare attività che ti aiutano a crescere. Se si tratta di un gruppo
di amici, però, ci possono essere lati positivi come negativi. Il problema
principale del gruppo è quando si trasforma in branco, quando si
incomincia a usare la violenza e quando i componenti seguono il capobanda, per
attirare la sua attenzione, mettendo a rischio umanità, razionalità, educazione. Il lato
positivo è invece quello di relazionarsi con il gruppo e sentirsi a
proprio agio.
Le prime incomprensioni con le amiche
Una delle principali cause di lite tra
amiche, è quando si mette in mezzo un ragazzo e tra le due inizia una sorta di
competizione che le porta a fare dispetti reciproci. A volte, infatti, da una
grande amicizia può nascere un grande odio. Ci si può insultare e spesso questo
scontro avviene anche attraverso i mezzi di comunicazione come i social;
purtroppo questo porta a fare o a dire cose che solitamente non si farebbero.
Spesso le amiche che hanno discusso e che sono in lite, non fanno pace
principalmente per una questione di orgoglio, perché né l’una né l’altra vogliono chiedere scusa. Un litigio, poi, può
anche nascere da un’incomprensione non chiarita oppure quando un
amico comune non si comporta bene, mostrandosi poco presente nell’ascoltare i problemi degli altri. Se si pratica uno
sport competitivo con amici, si può stabilire una “gara”,
specialmente tra due gruppi contrapposti.
Esperienza personale
Anche noi due che stiamo scrivendo questa riflessione,
siamo grandi amiche, l’una per l’altra, nonostante a
volte ci siano tra noi delle incomprensioni. Nei momenti difficili sappiamo che
possiamo sempre contare su tale aiuto reciproco, che sempre una ha la parola
giusta da dire all’altra, per farla stare meglio; a qualsiasi ora del
giorno e della notte, ci si rende disponibili. La nostra amicizia, infatti, è iniziata
sei anni fa, e da quel momento siamo state sempre molto unite. Come in tutte le
amicizie, noi abbiamo litigato molto; a volte è anche capitato che
non ci siamo parlate per una settimana perché eravamo troppo orgogliose
per chiedere scusa. Però ogni volta che ci riappacifichiamo, siamo più unite
di prima e ci accorgiamo che la nostra amicizia è fondamentale. Tra
amici ci possono essere molti motivi di incomprensione, ma se l’ amicizia è vera, si farà sempre pace.
Capitolo IV
Gli adolescenti e
l’utilizzo di internet e social: una vita virtuale parallela
III A
di Ludovica Ciliberti, Chiara Cucinelli e Mario A. Ferri
La nostra generazione è definita multitasking, perché siamo nati e
cresciuti in un’era digitale che ha introdotto nuove forme di
integrazione sociale e un linguaggio del tutto inedito anche se sempre più
povero. Essendo un periodo pieno di cambiamenti sia fisici che psicologici, noi
ci rifugiamo in un mondo virtuale nel quale ci sentiamo protagonisti, spesso
ciò può causare gravi danni come la depressione, la timidezza o l’aggressività. Dopo vari studi, si
è arrivati alla conclusione che noi costituiamo il 93% delle persone collegate
a internet attraverso l’uso dello smartphone. E proprio nel 31 ottobre 2014 si è raggiunto
il picco. Infatti vent’anni fa solo l’1% della popolazione
era online, oggi è al
40%. Le società informatiche
ribadiscono il dovere di informare i genitori e gli educatori sui pericoli che
i ragazzi corrono anche in una realtà virtuale. I nostri
rapporti con i genitori
sono influenzati dall’uso dei social, la
stragrande maggioranza degli adulti non ha idea di come si sviluppa la socialità sui nuovi social network, di come si strutturano le
relazioni e non conosce il linguaggio utilizzato.
Le nostre risorse per
prevenire comportamenti a rischio sono il dialogo. Il 57% degli adolescenti
chatta la sera dopo cena e circa il 40% continua a farlo fino a tardi, prima di
addormentarsi, in una fascia oraria che interferisce con il sonno, con
conseguenze non trascurabili sulla salute. I pericoli sono causati dall’uso non corretto e prolungato di internet. Spesso dietro
lo schermo si possono nascondere delle persone di cui non sappiamo l’identità e il cui fine è abusare di noi. Quotidianamente la
polizia postale affronta i problemi causati da internet di cui noi adolescenti
siamo vittime e protagonisti . Il mondo virtuale ha spesso ripercussioni sulla
vita reale, per esempio il bullismo, o la difficoltà di integrarsi in un gruppo sono spesso causati dal
mondo virtuale. Noi crediamo che per affrontare questi problemi bisogna essere
maturi, essere consapevoli del tempo che si sta davanti al computer e di come
lo si usa e affrontare questi problemi, che caratterizzano la nostra età, in maniera tale che noi siamo a conoscenza e
consapevoli dei problemi che si possono correre su Internet e affrontarli con
maturità .
III B
di Andrea Emilia Alibrandi, Greta Fedeli e Chiara
Scorretti
Dalla sua prima
apparizione nel 1993 internet ha rivoluzionato la vita di milioni di persone.
Entrando nelle nostre case, il world wide web ha aperto una finestra sul mondo
che ha permesso di mettere in contatto persone anche molto lontane.
La diffusione di
Internet è stata globale e nel tempo il web è diventato il
mezzo più importante per diffondere informazioni non solo attraverso i
computer ma anche con gli smartphone e i tablet. Le persone cresciute con
queste nuove tecnologie sono state soprannominate “Nativi Digitali”.
Come possono i social
network essere così in voga tra i giovani?
Una nuova rivoluzione
inizia con l’avvento dei social network. Nel 2004 Mark Zuckerberg
fonda Facebook. Pensato proprio per gli studenti universitari e successivamente
aperto a chiunque dichiarasse di avere più di tredici anni, permette una
nuova modalità di socializzazione, tanto da contare nel 2012 oltre un
miliardo di utenti attivi. Sull’onda di Facebook sono nati, youtube pensato per la
condivisione di video, Twitter per una comunicazione rapida in stile sms,
Instagram, per la pubblicazione di foto e altri ancora.
I ragazzi percepiscono
questi mezzi di comunicazione come un portale per un mondo parallelo e un mezzo
per aumentare la propria popolarità. Tuttavia, i social
nascondono pericolose insidie che spesso i più giovani non vedono. Trai
principali pericoli vi sono il
Cyberbullismo, che
consiste nel prendere di mira una persona considerata spesso più debole ed
esporla a una forma di presa in giro collettiva anche con la diffusione di foto
o video privati. Uno dei peggiori indiziati è il social network
Ask.fm, un servizio di rete basato sull’anonimato. Dopo vari
suicidio di giovani vittime, in molti hanno proposto di bandirlo. Un altro
grave pericolo è rappresentato dalla Pedofilia on line. Alcuni
adulti, grazie al filtro della rete, si fingono bambini per adescare i più piccoli,
conquistandone la fiducia. Il rischio oltre a un abuso virtuale, scambio di
foto e video tra l’adolescente e l’adulto, è quello
ben peggiore di instaurare un rapporto stretto al punto da chiedere e ottenere
incontri reali.
Infine ci sono
adolescenti che per il bisogno di sicurezza e appartenenza sociale sviluppano
un vero e proprio analfabetismo emotivo, disimparando a riconoscere la
ricchezza della comunicazione diretta. La continua ricerca di feedback sui
social network non fa che aumentare insicurezza nella vita di tutti i giorni.
Ma come possono i genitori
controllare i propri figli su internet?
La vigilanza dei
genitori non può consistere in una restrizione o privazione dell’utilizzo dei social. Né è sufficiente
mettere in guardia i ragazzi dai pericoli. Bisogna piuttosto creare delle
occasioni nuove di identificazione sociale e confronto, come attività sportive o di interesse comune. Trasmettere ai figli
idee e punti di vista, esperienze utili alla crescita. Ascoltare i figli per
riconoscere un disagio, mantenendo aperto e vivo il dialogo.
Secondo una ricerca
condotta da “Save the children” la generazione digitale si suddivide
in due categorie: gli Online ed i Disconnessi, i primi sono giovanissimi e
vivono relazioni virtuali con persone a loro sconosciute, scambiano messaggi,
video e foto. Poi ci sono quelli che dalla rete sono fuori, i Disconnessi, 452
mila in Italia. Adolescenti che non hanno mai usato Internet, che non hanno un
computer o che non lo hanno mai utilizzato. Per i ricercatori questi sono i
nuovi analfabeti, disconnessi non solo dalla rete ma anche da opportunità educative e culturali. La grande scommessa del futuro è proprio
quella di portare Internet in tutte le case e nelle scuole con un uso
consapevole delle grande quantità di notizie, informazioni e conoscenza racchiuse in una
manciata di bit.
E noi come comunichiamo?
Secondo un’indagine di scuola.net su 10mila studenti il 76,2%
comunica usando Whatsapp, il 3% via Facebook, l’8,1% con il telefono e
solo l’8% tramite incontri di persona. Il 46% si connette tra
1 e 3 ore al giorno, il 25% tra le 3 e le 5 ore al giorno, il 18% oltre 5 ore
al giorno e il 12% meno di un’ora.
III C
di Niccolò Agugiaro e Massimiliano Standoli
Internet è il mezzo più utilizzato da
noi giovani, ma anche dagli adulti, per cercare informazioni e per comunicare,
attraverso i social network, a grandi distanze con facilità. Un anno fa, abbiamo assistito a una lezione degli
agenti della polizia postale dove gli argomenti trattati sono stati
principalmente due: internet e i social network.
Internet
I nativi digitali, ossia noi giovani, utilizziamo
frequentemente Internet e spesso commettiamo inconsapevolmente gravi
violazioni. Questo comportamento può portare a sanzioni amministrative ma
soprattutto accade che i nostri dispositivi sono colpiti da virus che rubano i
nostri dati personali e quelli dei nostri familiari.
Per non trovarsi di fronte a queste situazioni, non
bisogna mai scaricare nulla illegalmente, installare un antivirus e non aprire
mai le finestre popup che sono sempre delle vere e proprie truffe perché, una
volta aperte, ti chiedono sempre di inserire i tuoi dati personali.
Anche il direttore generale di “Save the
Children”, organizzazione che lotta per salvare la vita dei bambini e difendere
i loro diritti, sostiene come sia fondamentale garantire la formazione e la
sicurezza delle tecnologie.
Connessi e disconnessi
I connessi sono i giovani che hanno il loro smartphone
costantemente acceso, e la maggior parte di questi connessi ha imparato a
utilizzarlo da solo. Però, se da un lato Internet ha facilitato la
comunicazione tra persone che abitano molto lontano, dall'altro ha aumentato i
rischi e i pericoli, se lo strumento viene usato inconsapevolmente. I rischi maggiori
sono due: il cyberbullismo e la pedofilia.
Noi adolescenti invece di proteggerci da tali insidie,
inconsapevolmente andiamo loro incontro, non utilizzando in modo appropriato i
social. Ad esempio, su Facebook, il più popolare tra social-network, più di
1/3 degli iscritti dichiara di avere più di 18 anni, mentre, per non
incorrere in pericoli, è sempre meglio mostrarsi per l’età che si ha. Infatti, il pericolo maggiore, che ora è sempre
più diffuso, è quello di darsi appuntamento con una persona conosciuta
sulla chat che, in realtà, si rivela non essere quella che appare dal suo
profilo o dalle foto che posta sulla sua bacheca.
I disconnessi, invece, sono quella minoranza di
adolescenti, circa 11,5% del totale (secondo i dati Istat) di ragazzi e ragazze
tra gli 11 e i 17 anni, che non hanno mai utilizzato Internet. Normalmente l’elemento significativo che sta alla base di questa “disconnessione” è la
situazione economica delle famiglie di appartenenza.
Incoscienti digitali o sapienti digitali?
Noi adolescenti, per la spensieratezza che
caratterizza la nostra età, siamo quasi del tutto all’oscuro delle regole che stanno alla base degli
strumenti tecnologici che utilizziamo.
Ci muoviamo, però, con
una certa disinvoltura nell’immenso mondo virtuale di Internet e dei social. Da un
sondaggio Ipsos, se da una parte, noi giovani risultiamo piuttosto
informati, dall’altra non tutti i connessi risultano avere le idee
troppo chiare. Infatti mentre il 79% degli intervistati sa bene che
nessuno possiede Internet, il 17% crede, invece, che i proprietari di
Internet siano Bill Gates e Barack Obama.
Esperienze personali
Noi utilizziamo Instagram, Skype e Whatsapp. Facebook
non lo usiamo perché crediamo sia inutile. Se prima non ci pensavamo, ora,
invece, dopo quello che abbiamo scoperto, stiamo molto più attenti, sia
quando navighiamo su internet sia quando chattiamo sui social.
Capitolo V
Il Cyberbullismo: un
fenomeno sempre più dilagante tra i giovani
III A
di Vittoria Capuani, Margherita Manuelli e Edoardo
Marra
Matteo è un
ragazzo di 14 anni che frequenta il primo liceo, viene preso in giro dai suoi
compagni perché è diverso dagli altri e non riesce a integrarsi.
Un giorno Matteo viene
picchiato nei bagni della scuola da tre suoi compagni: Giorgio, Edoardo e
Lorenzo che filmava. Poche ore più tardi il video era già su i social network. Per questo i suoi compagni
iniziano a deriderlo e escluderlo. Matteo si ritrova da solo e si sente sempre
più insicuro vergognandosi quasi di se stesso e non comunicando né ai
genitori né ai suoi insegnanti i suoi problemi.
Tutto ciò è stato
causato da un fenomeno sempre più ricorrente, il cyberbullismo nato in
seguito allo sviluppo dei social.
Il cyberbullismo o
bullismo online, è un tipo di attacco continuo e ripetuto, attuato
tramite la rete Internet.
Come il bullismo, il
cyberbullismo può costituire una violazione del codice civile e penale,
poiché pubblicare in rete foto o video di una persona senza il suo
permesso, come nel caso di Matteo, è violazione della privacy, come
anche gli insulti online, considerati un’altra forma di
cyberbullismo.
I bulli o cyberbulli,
sono spesso ragazzi difficili o che hanno subito traumi o violenze durante l’infanzia. Nel caso citato, Giorgio, Edoardo
e Lorenzo, hanno avuto tre esperienze diverse: Edoardo ha un carattere molto
introverso dovuto alla dislessia e per questo preso in giro in precedenza,
Giorgio non ha avuto molte attenzioni da parte dei genitori e ha il bisogno di
farsi notare e sentirsi apprezzato da qualcuno, mentre Lorenzo ha perso
entrambi i genitori da bambino ed è stato costretto a passare l’infanzia in un istituto.
I bulli, quindi, pensano
di essere superiori sottomettendo e ricattando i più deboli, timidi e i
più indifesi. Fanno atti di bullismo per dimostrare la loro forza e il
loro coraggio, che in realtà non hanno, visto che non c’è nulla di nobile ad
accanirsi contro i più deboli, per ottenere il rispetto e l’approvazione degli altri.
Il “bullo” o “cyberbullo” è solo
una maschera per coprire ciò che si è in realtà: deboli, soli, non apprezzati, con dei disagi. E’ ovvio che non si sentono forti visto che attaccano
sempre in gruppo: questo dà loro sicurezza, essere più ragazzi contro uno solo.
I cyberbulli sono ragazzi che si nascondono, insultano e si divertono a danno
degli altri dietro uno schermo, pensando che i loro gesti non hanno vere conseguenze,
in quanto sono virtuali, ma in realtà ne hanno gravi nella
vita reale. I cyberbulli non ammettono mai i loro errori e per questo
degenerano sempre di più,
essendo sempre più fieri e
orgogliosi vedendo gli altri soffrire e non rendendosi più conto della
gravità della situazione.
Le vittime vengono “scelte” perché sono ragazzi insicuri, che non hanno stima di
se stessi o semplicemente che non seguono le tendenze e per questo sono isolati
dal gruppo.
Il cyberbullismo
ha conseguenze gravi sulle vittime, non solo abbassa l’autostima, ma spesso le vittime si isolano e non hanno
più amici e a volte si sentono costretti a ricorrere ad atti estremi come
il suicidio e l’autolesionismo, appunto il caso di Matteo, che sfoga
la frustrazione facendosi del male.
Quasi mai le vittime di
bullismo o cyberbullismo confidano i loro problemi, perché si vergognano e
pensano sia inutile parlarne con gli altri in quanto si umilierebbero e basta.
I ragazzi devono reagire altrimenti non riusciranno mai più a uscirne fuori.
Per cominciare bisogna subito parlarne con qualcuno: amici, insegnanti o
genitori e spiegare loro chiaramente la situazione e se necessario mostrare i
fatti accaduti. I genitori devono prendere provvedimenti: dare un sostegno
morale ai figli cyberbullizzati, fargli capire che il problema non sono loro ma
i bulli, visto che le vittime pensano che sia il contrario, parlare con i
genitori del cyberbullo, anche se questo può causare ripercussioni sulla
vittima da parte del bullo; e in casi estremi la denuncia. Per le vittime è difficile
affrontare i cyberbulli visto che sono di più e non servirebbe a nulla
contraccambiare con insulti sui social o sui siti.
I genitori del
cyberbullo, dovrebbero non solo sgridarlo per ciò che ha fatto, perché non
servirebbe a molto, ma dovrebbero seguirlo di più e stare più vicini
ai loro figli, non solo per controllare ciò che fanno, ma per evitare che
si ripetano eventi del genere.
Fortunatamente Matteo è riuscito
a parlare della sua situazione ai genitori, che hanno risolto la faccenda con i
genitori di Edoardo, Lorenzo e Giorgio, che non hanno più infastidito il
ragazzo, che ora non è più una vittima e sta tornando a
integrarsi con gli altri.
III B
di Michele Buscarini e Giuseppe Picca
Come già sappiamo internet ha aperto nuove possibilità per tutti noi, però vi sono rappresentati dei rischi
legati all’uso improprio di questo strumento: uno dei più
significativi è il Cyberbullismo. Per i giovani di oggi, che usano le nuove
tecnologie, la distinzione tra vita
online e offline è ormai davvero minima.
Per questo vi sono molte conseguenze nella vita reale e i ragazzi sono
molto influenzati.
Si può definire Cyberbullismo l’uso di nuove tecnologie per intimorire, molestare,
mettere in imbarazzo, far sentire a disagio o escludere altre persone attraverso
telefonate, messaggi o chat.
I social network più utilizzati sono: ask.fm,
instagram, facebook, google+ e youtube che sono siti di domande e risposte,
siti di giochi online e forum online. Esistono molte modalità con cui i ragazzi realizzano atti di cyberbullismo: ad
esempio attraverso l’uso di immagini o video imbarazzanti, la sottrazione
dell’identità/profilo altrui o creazione di falsi al fine di
mettere in imbarazzo o danneggiare la reputazione della vittima,
insultando o deridendola o addirittura con minacce fisiche.
Recentemente una ragazza di 14 anni è stata
vittima di cyberbullismo, dopo aver ricevuto una serie interminabile di insulti
che l’hanno portata al suicidio. L’80% dei ragazzi ha sentito parlare di questo fenomeno
nuovo, invece 2 su 3 conoscono qualcuno che ne è stato vittima cioè 1
su 10 dei ragazzi in Italia. Risulta diffuso anche l’utilizzo dei social network: un adolescente su 5 ha il
proprio profilo. La riservatezza resta comunque un “must” dell’adolescenza; il 75% dei ragazzi afferma che i genitori
non conoscono tutto quello che essi fanno e il 26,4% dei ragazzi ritiene che i
genitori si dovrebbero fidare più di loro; infine il 24% dei
quattordicenni vorrebbe che i genitori concedessero loro maggiore libertà.
I ragazzi, dunque, da un lato desiderano affetto, ma
dall’altro chiedono libertà e comprensione. Gli
adolescenti di oggi sembrano non aver bisogno di informazioni perché gliele
fornisce internet. Secondo noi, il cyberbullismo è un fenomeno che si è sviluppato
a causa dell’eccessivo utilizzo dei social network. I genitori
dei ragazzi dovrebbero controllare maggiormente il comportamento dei figli.
III C
di Michela Bozza e Lavinia Rojas
Il cyberbullismo è un fenomeno
nuovo e pericoloso, sempre più dilagante tra noi giovani, che si manifesta
attraverso la rete telematica utilizzata da noi ragazzi. E’ una forma di violenza che avviene attraverso l’uso dei telefonini e della tecnologia, grazie ai quali
ne viene amplificato l’effetto col moltiplicarsi degli episodi che molti ragazzi
della nostra età subiscono. Sempre più diffuso e pericoloso, è anche
un altro fenomeno che colpisce sempre i giovani: la pedofilia, con la quale ci
si può entrare in contatto anche grazie all’uso dei computer e dei
cellulari, visto che ormai la distinzione tra vita online e vita offline è davvero
minima, tanto da riflettersi spesso nella vita reale con serie conseguenze.
Il cyberbullismo si può definire come
un modo per intimorire, mettere in imbarazzo, far sentire a disagio o escludere
altre persone. Le modalità con cui possiamo esserne colpiti sono varie: dai
pettegolezzi diffusi attraverso i social, alla diffusione di immagini o video
imbarazzanti, minacce fisiche fino ad arrivare a rubare l’identità o il profilo di altri o costruirne di falsi.
Tutto ciò può avvenire
attraverso le tanto usate chat, telefonate, messaggi, social, siti di giochi
on-line.
Il cyberbullismo è conosciuto
dall’80,3% dei ragazzi, 2 su 3 conosce qualcuno che ne è stato
vittima e 1 su 10 ne è stato vittima.
Per concludere si può dire che noi
ragazzi dobbiamo porre molta più attenzione perché l’uso di internet, se da una parte ha aperto un mondo
nuovo, ottimo sia per la comunicazioni che per la ricerca e impensabile fino a
qualche decina di anni fa, dall’altra, però, ha un pericoloso risvolto della medaglia
che è rappresentato dall’uso improprio della rete
che può influenzare anche la nostra vita se non utilizziamo le dovute
accortezze.
Capitolo VI
L’alcol e la droga
visti con gli occhi di un adolescente
III A
di Boyan Dimitrov, Giorgia Maisani, Lorenzo
Piccardi, Tommaso Quaglia e Luca Venceslai
Ai nostri occhi gli adolescenti che fumano, si drogano o che assumo
sostanze alcoliche in maniera eccessiva, fanno ciò solo per
attirare l’attenzione o per sentirsi e mostrarsi superiori. A
nostro parere non è così, poiché chi ha una dipendenza dall’alcol e dalla droga non si dimostra una persona adulta
e responsabile, ma una persona che non ragiona su quello che fa. Alcuni
adolescenti assumono sostanze sia per superficialità, per essere accettato dal gruppo ma anche per
problemi familiari e personali, mettendo a rischio la propria salute. Questi
problemi sono causati spesso “dall’assenza” dei
genitori. L’Alcol
I
dati
Secondo alcuni studi, in pochi anni è raddoppiato
il consumo di alcol nella fascia più giovane, ovvero dai 14 ai 17 anni. Il
13% dei 15enni, dichiara di essersi ubriacato almeno 20 volte nella sua vita. E’ stato, inoltre, riscontrato che le 15enni bevano più dei
coetanei maschi.
I motivi
Ci sono tre elementi fondamentali per i
quali gli adolescenti assumo sostanze alcoliche:
il primo è che gli adolescenti considerano questo comportamento come un atteggiamento normale, di tutti; il secondo è che i ragazzi non vogliono solo bere un bicchiere, ma andare alla ricerca dello sballo e terzo, purtroppo, l’alcol è la porta d’acceso verso il mondo della droga.
il primo è che gli adolescenti considerano questo comportamento come un atteggiamento normale, di tutti; il secondo è che i ragazzi non vogliono solo bere un bicchiere, ma andare alla ricerca dello sballo e terzo, purtroppo, l’alcol è la porta d’acceso verso il mondo della droga.
I genitori
I genitori sono spesso gli ultimi a
rendersi conto del fenomeno. I figli prendono tutte le precauzioni per non far
sapere niente ai propri genitori.
I
danni
L’eccessivo consumo di alcol
danneggia molti organi come ad esempio: fegato, esofago e stomaco; questo porta
alla esofagite, alla gastrite e alla cirrosi.
La Droga
Che cosa è la droga? È una
sostanza chimica che modifica alcune funzioni mentali. Questa è la
risposta più comune che i medici danno, ma non è solo così.
I motivi
Una persona inizia ad assumere droga
principalmente per curiosità, dando per scontato che non si corre nessun rischio
nell’immediato. Dopo aver provato, alcune persone non
ripetono l’esperienza, purtroppo altre sì, iniziano a farlo con
frequenza, anche cambiando tipo di droga.
I
danni
I danni della droga sono molto più pericolosi
per la salute e letali di quelli dell’alcol. Si può addirittura
morire di overdose. Altri danni sono permanenti o persistenti nel cervello,
effetti non desiderati durante e dopo l’uso, alterazioni del
comportamento e pericolo di dipendenza.
Lavorando su questo argomento, noi
ragazzi abbiamo capito che assumendo stupefacenti o bevendo sostanze alcoliche,
si danneggia solo il nostro corpo, rovinando tessuti e organi. Quindi è assolutamente
consigliato non iniziare ad assumere alcol e droga, o provare a smettere in
caso abbiate iniziato.
III B
di Roberto Brecciaroli e Emanuele Russo
In questi ultimi
decenni è più che raddoppiata la percentuale di ragazzi e
ragazze che, tra i 14 e i 17 anni, consumano alcolici o droghe.
L'Italia era fra i
paesi europei quella che presentava il primato per il più basso consumo di
alcol o droghe, per i quali forse solo Malta ci superava.
Ora la tendenza più diffusa
tra i giovanissimi non è più bere alcool, ma provare nuove
sensazioni ossia “sballarsi” (parola del gergo giovanile che
significa essere in uno stato di
forte eccitazione, anche per effetto di droghe).
Un nuovo fenomeno al
quale si assiste, anche durante la primissima età dell’adolescenza, è il "Binge drinking
" (ossia l’ubriacarsi fino allo stordimento non come pratica
quotidiana, ma in occasione di feste di fine settimana o singole serate
trascorse in locali, insieme ad altre persone).
Attualmente la vita
frenetica, la mancanza di buoni rapporti tra genitori e figli e la fragilità personale stanno portando molti, oltre che al consumo
di alcolici anche all’anoressia e all’abulimia (cioè forme di alterato comportamento alimentare,
come la completa mancanza di appetito o l’esagerata fame, che
esprimono un disagio psicofisico derivante da motivazioni di ordine
individuale, familiare e sociale). Molto spesso quando gli adulti si accorgono di tali
comportamenti o patologie, presso i giovani, ormai è troppo tardi.
Questi ultimi, anche se avvertiti degli eventuali rischi, tendono a non
ascoltare i genitori oppure sottovalutano le conseguenze delle loro azioni;
altre volte, però, i ragazzi sono soli ad affrontare questa fase della loro
vita.
Quando un giovane
inizia a far uso di alcool o addirittura di droghe, crede che possa uscirne in
breve, spinto forse dalla voglia di provare qualcosa di nuovo o per compiacere
gli amici; anche se apparentemente si hanno effetti piacevoli,
successivamente si crea uno stato di dipendenza e non si riesce più a
uscirne.
III C
di Nicolò Frasca e Alessio Horvath
L'adolescenza è un
periodo di grandi sconvolgimenti ormonali fisici ed emotivi. Per i ragazzi è fondamentale
far parte di un gruppo: così facendo possono condividere le loro idee, i
pensieri e purtroppo anche le mode. Tra le mode, o meglio tra le cattive
abitudini degli adolescenti, vi è l'eccessivo consumo di alcol. In
pochi anni si è più che raddoppiato il consumo di alcol, nella
fascia di età che va dai 14 ai 17 anni. Secondo una indagine del
Riza, il 13% dei quindicenni dichiara di essersi sbronzato almeno 20 volte
nella sua vita: in questa ricerca risulta che le ragazze sono in forte rimonta
rispetto ai coetanei maschi. Anche un'indagine del 2011, sempre dell'Istat, ha
verificato che è cresciuto fortemente il consumo dell'alcol fuori dei
pasti, da parte dei giovani. Tale abitudine è stata sicuramente
favorita dalla moda dilagante degli "happy Hour", cioè un'ora
intera trascorsa in un locale durante la quale i giovani si incontrano e possono
bere alcolici spesso ad un prezzo scontato, allo scopo deliberato di ubriacarsi
e fare baldoria. Inoltre tale "sballo" è stato favorito
dalla messa in commercio di nuovi prodotti come gli "alcol pops",
bevande colorate ed accattivanti, con un elevato contenuto alcolico, di cui non
si percepisce la reale pericolosità. Il largo consumo di
alcol si sta sempre più concentrando nelle discoteche, nei "rave
party" in cui si balla, favorendo ulteriori comportamenti rischiosi e
provocando incidenti stradali, durante il ritorno a casa. Una modalità di sballo con alcol è quella del "
binge drinking", pratica diffusa all'estero, ma ormai importata anche in
Italia, che consiste nel bere in maniera compulsiva da sei o più bicchieri
di alcolici in meno di due ore, senza mangiare, anzi spesso
associando farmaci o droghe.
Gli effetti dell’alcol
sull'organismo dell'adolescente
L'eccessivo consumo di alcol, ha effetti dannosi su molti organi e tessuti, primo fra tutti il fegato. Sul sistema cardiovascolare l'assunzione continua di alcol, può indurre ipertensione arteriosa e cardiomiopatia. Inoltre l'abuso di etanolo, sostanza che induce dipendenza, può indurre malnutrizione, perché interferisce con l'assunzione e la biodisponibilità di importanti sostanze nutrienti, fondamentali per la crescita, soprattutto celebrale. Infatti, una ricerca del 2010 svolta da ricercatori dell'Università di Valencia, ha dimostrato gli effetti neurotossici del consumo di alcol sul cervello di un adolescente. Lo sviluppo cerebrale è infatti vulnerabile agli effetti dell'etanolo. Assumere alcol durante l'adolescenza potrebbe distruggere la plasticità cerebrale e i processi maturativi, portando a gravi deficit cognitivi e comportamentali. Recenti studi hanno inoltre dimostrato che consumare alcol in adolescenza aumenta il rischio di sviluppare dipendenza dall'alcol in età adulta.
La droga e il motivo
che spinge tanti giovani a provarla
Oltre al problema
dell'alcol, un altro problema che si dilata al giorno d'oggi è la
droga. Uno dei motivi significativi del consumo della droga è la
pressione fatta dai coetanei. Gli adolescenti sono spinti a provare la droga
per somigliare ad un gruppo. L'uso della droga può apportare cambiamenti
chimici e psicologici del cervello. La tossicodipendenza può creare
cambiamenti nella vita sociale adolescenziale e il ragazzo può arrivare ad
entrare in conflitto con la propria famiglia.
I tre elementi
preoccupanti dell’assunzione di alcol e droga tra gli adolescenti
I tre elementi dell’aumento di alcol e droga tra gli adolescenti sono:
1) il fatto che i giovani li considerino un comportamento normale e non trasgressivo;
2) la ricerca dello sballo;
3) consumo di alcol e droghe insieme.
1) il fatto che i giovani li considerino un comportamento normale e non trasgressivo;
2) la ricerca dello sballo;
3) consumo di alcol e droghe insieme.
Le nostre
considerazioni
Dalla documentazione
che abbiamo letto, per questo articolo, abbiamo capito che il problema
fondamentale per cui gli adolescenti ricorrono all'uso di alcol e droghe, è la
scarsa qualità o l'assenza di un vero dialogo con i genitori. Spesso
si tratta di ragazzi soli che hanno molto dal punto di vista materiale (oggetti
tecnologici, svaghi, denaro) ma che non hanno l’affetto o la vicinanza
degli adulti per affrontare l'adolescenza, momento in cui si viene proiettati
verso la società, oggi giorno sempre più competitiva. La voglia
di indipendenza ci può far sentire soli, anche se siamo pieni di amici,
perché ancora non abbiamo una struttura interna che ci faccia gestire in
modo adulto questa nostra indipendenza. Le nostre insicurezze ci portano a
omologarci alle scelte interne al gruppo cui apparteniamo, anche se spesso non
lo vogliamo. La mancanza di un vero dialogo con i genitori, specialmente il
loro non saperci ascoltare, può essere dannoso per noi adolescenti.
Personalmente non
abbiamo mai conosciuto nostri coetanei che bevono alcolici o assumono sostanze
stupefacenti, ma se ne incontrassimo qualcuno, cercheremmo di aiutarli,
parlandoci e convincendoli a chiedere aiuto ai grandi.
Conclusioni
Ed eccoci alla fine di questo libricino,
che spero sia riuscito allo scopo per cui è nato: appassionare i
ragazzi e renderli consapevoli dei cambiamenti che stanno iniziando a subire,
catapultati in questo vortice di sensazioni, sentimenti che nessuno potrà spiegargli fino in fondo ma che potranno capire solo
con il tempo. E’ stato scritto interamente da loro, come lavoro di
attualità da presentare e discutere in sede di esame, ma anche come ricordo da
conservare.
Ringrazio in primis Madre Sandra, per avermi offerto la possibilità di conoscere e lavorare a stretto contatto con questi
meravigliosi ragazzi; la Prof.ssa Dessì per la sua preziosa
collaborazione; il Preside Rocco per la sua disponibilità e i ragazzi stessi, con l’augurio che possano fare tesoro di tutte le
informazioni che hanno appreso durante la realizzazione di questo piccolo
opuscolo. Infine, un ringraziamento particolare lo voglio dedicare allo
scrittore e regista Federico Moccia che, nell’attimo in cui gli ho
proposto di scrivere l’introduzione e realizzare una lezione per spiegare ai
giovani come si trasforma il racconto di un libro nella sceneggiatura di un
film, ha accettato senza nessuna esitazione e con entusiasmo.
Cristiana Ubaldi